lunedì 10 marzo 2008

Galileo Galilei. L'"intervista impossibile" allo scienziato

La Repubblica 10.3.08
Galileo Galilei. L'"intervista impossibile" allo scienziato
di Piergiorgio Odifreddi

"Ho investigato la natura dell´Inferno: è come un cono, il cui vertice è al centro del mondo e la base verso la superficie della terra"
"Spero che lo scopritore della Teoria della Relatività non abbia dovuto subire gli stessi attacchi del potere costituito che toccarono a me"
Un viaggio nella sua concezione dell´universo, della filosofia e della letteratura. E i suoi punti in comune con Calvino, Primo Levi, Einstein

«La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l´universo), ma non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne´ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, e altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola».
Messer Galileo, ci scusi se l´interrompiamo per l´intervista che abbiamo concordato. Che cosa stava facendo?
«Stavo rileggendo una pagina del mio Saggiatore. Una delle poche rimaste attuali, visto che in quel libro sostenevo una teoria completamente errata: che le comete, cioè, fossero illusioni ottiche prodotte dalla luce solare sul materiale esalato dalla Terra verso la Luna e oltre, e non corpi reali».
Ma quella pagina vale da sola tutto il libro, e contribuì a far dichiarare a Italo Calvino che lei è stato «il più grande scrittore italiano di tutti i tempi».
«Addirittura? Più di Padre Dante e Messer Ariosto?»
Almeno fra i prosatori. Ma visto che ha citato i poeti, ci dica quale fu il suo rapporto con Dante e Ariosto.
«Su Dante ho tenuto nel 1588 Due lezioni all´Accademia Fiorentina circa la figura, sito e grandezza dell´Inferno, nelle quali notavo che, se è stata cosa difficile e mirabile l´aver potuto gli uomini, per lunghe osservazioni, con vigilie continue e per perigliose navigazioni, misurare e determinare gli intervalli dei cieli, le grandezze delle stelle e i siti della terra e dei mari, allora quanto più meravigliosa dobbiamo stimare l´investigazione del sito e della natura dell´Inferno, sepolto nelle viscere della terra, nascosto a tutti i sensi, e da nessuno per nessuna esperienza conosciuto!»
E quali furono i risultati di queste sue investigazioni?
«Che l´Inferno è a guisa di una concava superficie che chiamano conica, il cui vertice è nel centro del mondo e la base verso la superficie della terra. E quanto alla grandezza, è profondo l´Inferno quanto è il semidiametro della terra. E nella sua sboccatura, che è il cerchio attorno a Gerusalemme, è altrettanto per diametro».
Dell´Ariosto, invece, che ci dice?
«Il poema dell´Orlando Furioso era la mia delizia: in ogni discorso recitavo qualcuna delle sue ottave, e mi vestivo in un certo modo di quei concetti per esprimere i miei. Ho scritto una serie di Postille all´Ariosto e di Considerazioni al Tasso, le prime per il gusto di un´amorosa lettura e le seconde per partecipare a una polemica: avevo fatto interporre carte bianche a quelle stampate della mia copia della Gerusalemme Liberata, e nel corso di qualche anno avevo osservato che i motivi che mi facevano anteporre l´Ariosto al Tasso erano molti più in numero e assai più gagliardi».
Se le chiedessi di leggere una sua pagina come testimonianza della sua vena letteraria, su quale cadrebbe la sua scelta?
«Forse queste osservazioni sulla scrittura, nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo: "Quei tratti tirati per tanti versi, di qua, di là, in su, in giù, innanzi, indietro, e ‘ntrecciati con centomila ritortole, non sono, in essenza e realissimamente, altro che pezzuoli di una linea sola tirata tutta per un verso medesimo, senza verun´altra alterazione che il declinar del tratto dirittissimo, talvolta un pochettino a destra e a sinistra, e il muoversi la punta della penna or più veloce ed or più tarda, ma con minima inegualità"».
Mi ricorda la fine del Barone rampante di Calvino, appunto: vuol provare a leggere pure questa?
«Certo, vediamo: "Questo filo d´inchiostro, come l´ho lasciato correre per pagine e pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minuscoli come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora si biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie o di nuvole, e poi s´intoppa, e poi ripiglia a attorcigliarsi, e corre e corre e si sdipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed è finito"».
Mentre ci siamo, le farei leggere anche la fine del Sistema periodico di Primo Levi.
«Perché no, vediamo: "Questa cellula appartiene a un cervello, e questo è il mio cervello, di me che scrivo, e la cellula in questione, ed in essa l´atomo in questione, è addetta al mio scrivere, in un gigantesco minuscolo gioco che nessuno ha ancora descritto. E´ quella che in questo istante, fuori da un labirintico intreccio di sì e di no, fa si che la mia mano corra in un certo cammino sulla carta, la segni di queste volute che sono segni; un doppio scatto, in su e in giù, fra due livelli d´energia guida questa mia mano ad imprimere sulla carta questo punto: questo"».
Come vede, lei ha fatto scuola in letteratura, e Calvino aveva buoni motivi per considerarsi il punto d´arrivo di una linea che, partendo dall´Ariosto e passando attraverso lei e Leopardi, arrivava fino a lui. Ma, passando al suo vero lavoro, quale considererebbe il contributo più duraturo da lei dato alla scienza?
«Forse quello che oggi mi sembra voi chiamiate, non a caso, principio di relatività galileiana».
Come lo racconterebbe a un profano?
«Come già feci nella Seconda Giornata dei miei Dialoghi sopra i due massimi sistemi del mondo, proponendogli di rinserrarsi con qualche amico nella maggior stanza che sia sotto coperta di un gran naviglio, e quivi far sì di avere mosche, farfalle e simili animaletti volanti. E anche un gran vaso d´acqua con dentro dei pescetti. E un secchiello sospeso in alto, che a goccia a goccia vada versando dell´acqua in un altro vaso di angusta bocca, che sia posto in basso. E stando ferma la nave, di osservare diligentemente come quegli animaletti volanti con pari velocità vadano verso tutte le parti della stanza, i pesci nuotino indifferentemente per tutti i versi, le gocce cadenti entrino tutte nel vaso sottoposto. E poi faccia muovere la nave con quanta voglia velocità e noti che, purché il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là, egli non riconoscerà una minima mutazione in tutti gli effetti nominati, né da alcuno di quelli potrà comprendere se la nave cammina o pure sta ferma».
Se prova a leggere questo brano della Relatività di Albert Einstein, si accorgerà di aver fatto scuola anche nella divulgazione scientifica.
«Vediamo: "Supponiamo che un treno molto lungo viaggi sulle rotaie con velocità costante: ogni evento che ha luogo sulla banchina ferroviaria, ha pure luogo in un determinato punto del treno. Domanda: due eventi, per esempio due colpi di fulmine A e B, che sono simultanei rispetto alla banchina ferroviaria, saranno tali anche rispetto al treno? Se il treno è fermo e un osservatore è seduto nel punto medio tra A e B, i raggi di luce emessi dai bagliori dei fulmini lo raggiungono simultaneamente. Tuttavia, se il treno si muove rapidamente verso il raggio di luce che proviene da B, mentre corre avanti al raggio di luce che proviene da A, l´osservatore vedrà il raggio di luce emesso da B prima di vedere quello emesso da A. Perveniamo così all´importante risultato che gli eventi che sono simultanei rispetto alla banchina non sono simultanei rispetto al treno, e che ogni corpo di riferimento ha il suo proprio tempo particolare».
Cosa ne pensa?
«Mi sembra di vedere, allo stesso tempo, una continuità e una discontinuità col mio lavoro: sembra che la luce non si comporti, rispetto alla mia nave, allo stesso modo degli animaletti volanti, dei pesci e delle gocce cadenti».
Effettivamente, la relatività einsteniana costituí una rivoluzione intellettuale tanto innovatrice, quanto lo fu la sua rispetto alla fisica aristotelica.
«Spero allora che Einstein non abbia dovuto subire gli stessi attacchi dal potere costituito, e non abbia dovuto sopportare le stesse tragiche conseguenze, che toccarono a me».
Ciò che a lei fecero i cattolici, a lui fecero i nazisti: costringendolo, in particolare, a un esilio dal quale non tornò più.
«Dovette pure lui abiurare?»
Non l´avrebbe mai fatto: in questo, era diverso da lei.
«Sono contento per lui: piegarsi a pronunciare certe parole è un´umiliazione dalla quale non si guarisce, e inginocchiarsi di fronte al potere religioso o politico è un tradimento della propria professione».

Nessun commento: