martedì 25 marzo 2008

Eutanasia, non perdiamo altro tempo, Fino a quando il problema verrà eluso?

Eutanasia, non perdiamo altro tempo
La Lettera. Nell’ultima legislatura non è stato neppure possibile avviare un’indagine. Fino a quando il problema verrà eluso?

L'Unità del 22 marzo 2008, pag. 26

Due notizie: la prima dalla Francia, la morte di Chantal Sebire, l`altra dal Belgio quella dello scrittore Hugo Claus, ripropongono le questioni del diritto ad una vita dignitosa e ad una morte senza atroci sofferenze. Il ministro Bernard Kouchner, il fondatore di "Medici senza frontiere", ha inutilmente chiesto che si "aprisse una porta" per consentire a Chantal, da anni ammalata di un raro tumore che le ha reso la vita un calvario, di potersene andare con il conforto dell’amore dei suoi familiari; e le si potesse evitare "un suicidio nascosto".

Quel "suicidio nascosto" che è stato risparmiato a Hugo Class: perché il Belgio, con il Lussemburgo e l’Olanda, è uno dei paesi europei dove ad una persona è riconosciuto il diritto di andarsene, se lo chiede, senza dover patire lo strazio di un inutile dolore.

È un tema lacerante e controverso, come laceranti e controversi sono tutti i temi che riguardano direttamente le questioni legate alla vita e alla morte. Vanno rispettate tutte le opinioni, le credenze, i valori di cui ognuno si fa portavoce. Ma chiedo a tutti, a me stessa innanzitutto, non è , non potrebbe essere una buona base di partenza per una riflessione che non sia orbata dall’ideologia, il pacato argomentare di Umberto Veronesi: "L'eutanasia è un problema che esiste, e le leggi non danno nessuno spazio a questo argomento. Come medico ho il compito di prolungare al massimo la vita e come cittadino rilevo che il problema invece esiste. Tanto vale parlarne e non considerarlo un tabù".

Si può, ripeto, partire da qui? Accade - è innegabile - che migliaia di persone, si trovino barbaramente sequestrate, prive di vita e di morte, in corpi che non riconoscono più. C’è chi - e sono tra questi - ritiene che renderli all’umanità sia un’urgenza anche civile; una facoltà che, chi vuole, deve poter esercitare. Ripeto: facoltà, non obbligo, di cui ci si può avvalere in scienza e coscienza. Si tratta di rispettare la volontà di chi non ha più nulla da curare, da lenire, e ritiene che non ci sia più nulla da mantenere in vita se non alcuni organi da mantenere in funzione a prezzo di infinite sofferenze che non ritiene più di essere in condizione di sopportare.

Voglio ricordare quanto emergeva da uno studio della Fondazione Floriani di ben otto anni fa: su 386 medici che operavano nel campo delle cure palliative (sui 680 contattati) il 39% aveva ricevuto richieste dai propri pazienti in stadio terminale (tutti assistiti a domicilio), per essere aiutati a morire. Di questi malati, 16 erano riusciti a ottenere l’assistenza per la dolce morte, il 4% del totale. Dallo studio emergeva che si trattava di situazioni in cui il medico è intervenuto direttamente somministrando al paziente un farmaco che ha interrotto la sofferenza. Un paio d’anni dopo, un’altra indagine, condotta dai ricercatori di bioetica dell’Università Cattolica di Milano in venti ospedali della città, sull’eutanasia attiva e passiva. L’80% ha ammesso di aver staccato la spina. Un questionario particolareggiato, di oltre cento domande, è stato sottoposto a 259 rianimatori: il 3,6% ha dichiarato di avere volontariamente somministrato farmaci letali.

Altri studi e ricerche potrebbero essere citati. Come i sondaggi demoscopici che certificano che la maggioranza dell’opinione pubblica ritiene - una volta accertata l’inutilità di un accanirsi in una cura che non lascia speranza, e quando l’interessato lo chiede - che debba essere concessa la facoltà di poter chiedere l’interruzione del dolore. E ancora una volta è il mondo della politica a non saper e voler comprendere quello che invece è chiaro ed evidente a tutti. Nella passata legislatura non è stato neppure possibile avviare una indagine conoscitiva sul fenomeno della eutanasia clandestina.

Quanti sono, in Italia, i casi come quelli di Chantal Sebire? E perché deve esser loro negata la possibilità di cui ha beneficiato Hugo Class? Fino a quando si preferirà eludere questi problemi, invece di cercare di "governarli"?

Maria Antonietta Farina Coscioni

Presidente di Radicali Italiani e Co-Presidente dell`Associazione Luca Coscioni

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