mercoledì 16 aprile 2008

Onu la battaglia della Chiesa contro i diritti umani

Onu la battaglia della Chiesa contro i diritti umani

Liberazione del 16 aprile 2008, pag. 12

di Elena Biagini
Ratzinger, sbarcato ieri negli Stati Uniti, parlerà venerdì all'Assemblea generale dell'Onu, e il suo discorso - il quarto pronunciato da un pontefice nel Palazzo di Vetro - verterà, secondo le parole del cardinale Bertone, «sul riconoscimento del ruolo delle Nazioni Unite - e, al contempo - sull'unità e l'indivisibilità dei diritti umani fondamentali, che affondano le loro radici nella natura dell'uomo creato ad immagine di Dio». Ratzinger stesso di recente ha dichiarato: «La Chiesa Cattolica si impegna affinché i diritti dell'uomo siano non solamente proclamati, ma applicati. La Santa Sede non si stancherà di riaffermare tali principi e tali diritti fondati su ciò che è permanente ed essenziale alla persona umana».
Nella realtà storica degli ultimi venti anni, al contrario, è proprio sull'espunzione di ciò che la chiesa cattolica non ritiene evidentemente "essenziale alla persona umana" che si è qualificata l'azione vaticana alle Nazioni Unite, un'azione di forte ostacolo all'applicazione dei diritti umani, in specifico dei diritti di genere.
Sen e Onufer Correa, (Coordinatrici delle Ricerche Dawn su globalizzazione e diritti sessuali e riproduttivi) hanno sottolineato come all'inizio del XXI secolo le femministe che hanno tentato di legare su base globale, nazionale e locale la giustizia di genere alla giustizia economica si sono trovate davanti a due sfide concatenate: da una parte la globalizzazione neoliberista dà luogo a crescenti disuguaglianze di ricchezza e reddito, dall'altra almeno una delle reazioni alla globalizzazione «consiste nel rafforzamento di identità nazionali, religiose, etniche o di altro tipo, attraverso l'affermazione dei ruoli di genere e sistemi d'autorità e controllo "tradizionali"».
Negli anni '90 sono state un terreno fertile per il sorgere di tali tensioni, e quindi teatro di scontro tra femministe e tradizionalisti, le conferenze Onu: da quella di Rio del '92 su Ambiente e sviluppo alla conferenza sull'Habitat tenutasi a Istanbul nel 1996, passando per l'evento in questo senso più significativo, cioè la quarta conferenza sulle Donne (Pechino 1995). In tutti gli incontri è emerso il conflitto Sud-Nord, rispetto al quale l'egemonia politica instaurata dalla montante ideologia neoliberista, imposta da Wto, Fmi e Banca mondiale, ha determinato uno strapotere dei governi del Nord del mondo. In questo clima il fronte conservatore (alcuni stati, tra cui il Vaticano, e numerose Ong, in particolare organizzazioni antiaboriste nordamericane tra cui spicca la cattolica Human Life International) ha lavorato tra i paesi più poveri per ampliare l'opposizione ad un'agenda sui diritti delle donne cercando di qualificarsi come baluardo del Sud del mondo. Il Vaticano fin dal 1992 fa dichiarazioni contro le disuguaglianze Sud-Nord ma alla Conferenza di Vienna sui diritti umani, nel 1993, chiarisce già in modo esplicito che il suo obiettivo prioritario è non far riconoscere i diritti di genere come diritti umani. Il primo vero terreno di scontro è la conferenza su Popolazione e sviluppo (Il Cairo 1994) dove il Vaticano risponde all'allarme sulla "bomba demografica" con la riproposizione di una politica pronatalista, accusa i paesi occidentali di mentire sull'analisi demografica per meglio pianificare la limitazione delle nascite e cerca di mobilitare i paesi del terzo mondo contro quello che Wojtyla definisce «l'imperialismo contraccettivo dei paesi ricchi». Wojtyla lavora per ottenere il consenso dei paesi islamici prima e di alcuni paesi sudamericani poi. Nella risoluzione finale della Conferenza un emendamento sancisce che le raccomandazioni elaborate saranno applicate non solo nel rispetto delle sovranità nazionali, ma anche dei differenti «valori religiosi ed etici». A Il Cairo, quindi, prende corpo la strategia vaticana perseguita in seguito a Pechino e Pechino + 5, (Riesame dello stato dell'opera a 5 anni dalla Conferenza): opporsi all'inserimento tra i diritti umani del diritto alla salute in un'interpretazione che includa anche il diritto a una libera sessualità, alla contraccezione, all'aborto legale quindi sicuro, a una maternità libera. Il teatro più imponente dello scontro è la conferenza mondiale sulle Donne di Pechino dove è grandissima la presenza di gruppi femministi e lesbici (soprattutto nel parallelo Forum delle ong di Huairou) ma anche il dispiegamento del fronte tradizionalista: Vaticano, paesi islamici e gruppi pro-life. L'oggetto polemico dei tradizionalisti è il termine genere ( gender ) che contiene una distinzione tra naturale e biologico - quindi immutabile - e socialmente e culturalmente costruito - quindi modificabile. Si richiede ufficialmente che nei documenti ufficiali usciti dalle conferenze preparatorie il termine gender venga posto tra parentesi in tutti i suoi usi (prospettiva di genere, analisi di genere, ruoli di genere…) per poi metterlo nuovamente in discussione, in quanto la teoria del genere decostruisce la naturalità della ruolizzazione tra donne e uomini. Da questo momento divengono nemiche prioritarie del Vaticano Adrienne Rich e il suo saggio Eterosessualità obbligata e esistenza lesbica , Judith Butler autrice di Scambi di genere , ma anche altre ricercatrici di gender studies ed esponenti del "femminismo di genere" quali Anne Falsto-Sterling, Kate Bornstein, Susan Okin Shulamith Fireston e Nancy Chodorow per le sue analisi sulla costruzione culturale e sociale della divisione del lavoro tra donne e uomini. Wojtyla cerca di mascherare il tenore dell'intervento vaticano a Pechino attraverso la lettera apostolica alle donne (10 luglio 1995) in cui insiste su uguaglianza, dignità e diritti identificando però «il valore della femminilità nel cuore della propria famiglia». Parla anche di violenza e di riconoscimento del ruolo pubblico delle donne ma ribadisce la «protezione di ogni vita umana, a ogni stadio del suo sviluppo e in ogni situazione». Nel frattempo Navarro Valls, membro della delegazione vaticana a Pechino, si oppone al concetto di gender e quanto connesso. In conclusione il fronte tradizionalista ottiene che non venga esplicitata una definizione di gender ma a Pechino esce comunque la Piattaforma d'azione, il testo sulle politiche di genere più rilevante in ambito Onu che contiene l'affermazione della aspirazione a «guardare il mondo con occhi di donna» e la proclamazione che «i diritti delle donne sono diritti umani». Le parole chiave della conferenza, "punto di vista di genere", "empowerment", "mainstreaming", sono entrate negli anni seguenti, seppur con risultati alterni, nel dibattito dei governi. Infatti, dopo Pechino, l'obiettivo del Vaticano diviene cancellare o almeno affievolire l'Agenda di genere.
Fra marzo e luglio del 1999 si tengono tre delle revisioni "+ 5" (bilanci a distanza di 5 anni) delle Conferenze degli anni ‘90 nelle quali spesso si giunge a punti morti. Le ragioni dello stallo sono due: il crescente divario economico fra Sud e Nord e la difficoltà di raggiungere il consenso su temi riguardanti il genere. L'Agenda di Pechino, infatti, esce attenuata, almeno in parte, dal Riesame (New York 2000). In questa occasione le femministe si ritrovano a difendere le conquiste di Pechino. Le forze conservatrici non governative, soprattutto della destra religiosa del Nord America, partecipano in gran numero e lavorano con una manciata di paesi e con il Vaticano. La Dichiarazione politica firmata a 5 anni da Pechino ne riafferma la Piattaforma ma le forze conservatrici hanno indebolito le proposte d'azione che i governi dovrebbero intraprendere per attuarla, aggiungendo nel documento frasi quali «laddove appropriato», o dicendo che le parti dovrebbero «prendere in considerazione» determinate azioni, piuttosto che invitare direttamente all'azione. Il risultato finale è una messa in discussione dell'universalità dei diritti umani visto che i governi possono negarli alle donne in base a fondamenti culturali o nazionali, è di nuovo attenuata l'idea di diritti umani e universalità elaborata a Pechino: «né maschile né falsamente neutra, ma fortemente segnata dalla differenza fra i sessi» (Chiara Ingrao) .
Negli anni che ci separano dal 2000, Bush (che in questi giorni, al tramonto della sua era, riceve Ratzinger) si è qualificato nell'ambito delle Nazioni Unite come uno dei maggiori alleati delle politiche vaticane tanto che i rappresentanti da lui designati all'Onu sono quasi esclusivamente fondamentalisti cristiani. Il fronte composto da Bush, Vaticano e alcuni stati islamici in questi anni è riuscito, ad esempio, a negare la pillola del giorno dopo alle donne del Kosovo che sopravvivono a violenze e l'accesso ai profilattici e all'educazione sessuale nell'Africa devastata dall'Aids.
Infine lo status specialissimo del Vaticano presso le Nazioni Unite rende il dibattito fortemente disequilibrato: il Vaticano, oltre a godere di una forte rappresentanza nel settore delle ong, è presente alle Conferenze anche come Stato e ha dunque una doppia possibilità di intervento. Dal pontificato di Paolo VI, quando arriva all'Onu il primo rappresentante pontificio, pur non essendo uno stato membro, il Vaticano assume lo statuto eccezionale di osservatore permanente che gli permette di partecipare ai dibattiti dell'Organizzazione senza avere il dovere di conformarsi ai programmi dell'Onu e, pur non essendo soggetto ai doveri e agli impegni imposti agli stati membri, gode del diritto di voto. La situazione risulta tanto inammissibile che Catholic for a free choice, «organizzazione del popolo cattolico, non della chiesa», dal 1995 dà l'avvio ad una petizione per la revoca di questo particolare statuto di osservatore di cui gode il Vaticano alle Nazioni Unite, ma dal 2000 si organizza una reazione, per lo più tra i repubblicani di Bush, che porta nel 2004 ad una risoluzione Onu, approvata all'unanimità, con la quale il Vaticano ottiene la conferma ufficiale del proprio status presso le Nazioni Unite e la legittimazione per la chiesa di Roma ad essere riconosciuta di fatto come l'unica religione del consesso delle nazioni.

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