venerdì 4 aprile 2008

Il ministro Livia Turco: "Non è un farmaco abortivo", "I medici devono tutelare la donna e il servizio va sempre garantito"

La Repubblica 4.3.08
Il ministro Livia Turco: "Non è un farmaco abortivo", "I medici devono tutelare la donna e il servizio va sempre garantito"
di Mario Reggio

ROMA - «La pillola del giorno dopo non è un farmaco abortivo ma è un anticoncezionale e come tale è registrato dall´Emea, l´agenzia europea del farmaco, e dall´Aifa in Italia. Al medico che si rifiuta di prescriverla per motivi di coscienza chiedo di farsi carico della richiesta d´assistenza della donna, non lasciandola sola ed assicurandosi che possa comunque ricevere la prescrizione nell´ambito della struttura sanitaria pubblica e nei tempi opportuni. Perché nessuno deve dimenticare che siamo al cospetto di un´emergenza. E penso che questo sia un dovere professionale del medico, oltre che umano ed etico. Quindi non può tirarsi indietro rispetto alla sua responsabilità che prima di ogni altra cosa è il bene del paziente».
Risponde così alle polemiche il ministro della Salute Livia Turco.
Come mai in questi due anni di governo non siete stati in grado di evitare che si verificassero casi come quelli di Pisa e Firenze?
«Intanto dobbiamo sapere che nessuna legge può obbligare un medico a prescrivere un farmaco o una terapia di cui non è convinto. E proprio per evitare che questi fatti si ripetano abbiamo predisposto un atto di indirizzo per la piena applicazione della legge 194, condiviso da tutte le Regioni tranne la Lombardia e la Sicilia, nel quale è scritto che la prescrizione della contraccezione di emergenza sia ovunque garantita, oltre che nei consultori, anche nei pronto soccorso ospedalieri e nelle guardie mediche. E inoltre che le Regioni devono assicurare la presenza di almeno un medico non obiettore in ogni distretto sanitario».
E il medico che dichiara in "scienza e coscienza" di non voler prescrivere il farmaco d´urgenza?
«Penso abbia il dovere di dialogare con la donna, tranquillizzandola, individuando la struttura pubblica in grado di dare una risposta appropriata e tempestiva alla sua richiesta. Evitando così il rischio di peggiori conseguenze come l´aborto».
Ma lei non è intervenuta sui casi di Pisa e Firenze. Perché?
«Sono intervenute, come di competenza, la Regione e le Asl».
Lei ha scritto una lettera al presidente della Federazione degli Ordini dei medici.
«Per ribadire i concetti che ho esposto e perché abbiamo il compito di contemperare in modo laico il diritto della donna ad una prestazione sanitaria garantita dalla legge e quello del medico ad opporsi quando la richiesta contrasta con la sua coscienza, come previsto dal codice deontologico. Non può essere la magistratura a dover dirimere problemi come questo».

Nessun commento: