martedì 26 febbraio 2008

Il velo, bavaglio alla lotta delle donne turche

Il velo, bavaglio alla lotta delle donne turche

Il Manifesto del 26 febbraio 2008, pag. 11

di Ertugrul Kurkcu

Dai tempi di Marx sappiamo che il mon­do religioso non è altro che il riflesso del mondo reale. L'onnipotente «Allah» del mondo religioso è l'uomo dominan­te, ricco e potente di questo mondo. Il velo non lega le donne a Allah, ma all'uomo. Il velo è l'annuncio più crudo e evidente del patriarcato come base delle relazioni di genere e della subordi­nazione delle donne agli uomini; è l'espressione dell'accettazione da parte delle donne di questa stes­sa subordinazione come valore supremo. La lotta secolare delle donne in Turchia per liberarsi da questa subordinazione, per trasformare la loro vi­ta è oggi pesantemente sotto attacco da parte della santa alleanza delle «caser­me-moschee-mercato-sette-lupi grigi».



Per ironia della sorte l'ultimo passo di questa instancabile offensiva da par­te del partito unico di governo del pri­mo ministro Recep Tayyip Erdogan, che etichetta la liberazione della donna come «adozione dell'immoralità dell'occidente», per togliere le donne dalle stra­de, dalla sfera pubblica, dai luoghi di la­voro e farle rientrare in casa, viene pro­mossa con il nome di «libertà della don­na». La reazione delle donne liberate di fronte ai tentativi del governo di elimi­nare il veto di indossare il velo nelle uni­versità dipende dal fatto che le donne, meglio di altri, hanno compreso il vero significato di questo partito della giusti­zia e dello sviluppo (Akp).



Presentare il velo, il simbolo della dominazio­ne del maschio, come «li­bertà per le donne» è in realtà un classico esempio di strategia nella con­tinua guerra psicologica. Non a caso la domanda posta è: «Siete a favore della libertà di istruzione per le donne che portano il velo?»



Guardando al relativa­mente elevato numero di persone «sag-ge» che accettano di rispondere a que­sta sorta di «quiz legale» che prevede soltanto sì o no come risposta, bisogna dedurre che anche loro appartengono a qualche religione, la «religione della li­bertà». La paura del «peccare contro la libertà» li porta inevitabilmente nel gio­co di potere dell'Akp. Ci sono altri che vedono questa questione come una si­tuazione di «concedi per ottenere», il motto favorito di Erdogan. Se diciamo 'sì' all'eliminazione del divieto sul velo nelle università diranno 'sì' ad una mag­giore libertà di espressione. Questo è il ragionamento.



Quella che ci viene posta non è una «domanda legale». Quella che ci viene posta è una «domanda storica»: il nuo­vo blocco Akp-Mhp, formato con il pas­sivo consenso dell'esercito, rappresen­ta una soglia per la liber­tà? La lotta per permette­re alle donne la «libertà di andare all'università con il velo» è una priorità nel programma dell'opposi­zione sociale?



E' evidente che il fron­te nazionalista-laico in cui le forze armate turche hanno giocato un ruolo centrale prima delle elezioni generali è collassato con la vittoria schiacciante dell'Akp. E l'esercito agisce seguendo la sua priori­tà principale, cioè l'integrità territoriale, o in altre parole, eliminare la questione kurda.



L'esercito, sotto la nuova spinta degli equilibri ha deciso di consolidare le sue «operazioni oltreconfine» in territorio iracheno con le «operazioni islamiche dell'Akp» nelle zone kurde in Turchia. Di fronte a una scelta difficile, l'esercito

ha detto 'sì' al controllo islamico del­l'Akp del sud est della Turchia per mina­re il sostegno popolare al Pkk. L'eserci­to ha dovuto lottare duramente per otte­nere da Washington il consenso alle operazioni oltreconfine.



La coalizione Akp-Mhp formata per l'eliminazione del bando sul velo nelle università riempie il vuoto politico la­sciato dal collasso del fronte «nazionali­sta-laico» dopo l'abbando­no delle forze armate. La delusione e la depressione espresse dal leader dell'op­posizione Deniz Baykal del Chp riassume meglio di qualunque altra cosa le conseguenze di tale situazione, «ora non ci resta che il sistema giudiziario». Eppure le donne, le più sincere partecipanti delle oceaniche manifestazioni repubblicani della scorsa estate sono lì, nelle strade. Non sorprende vederle uscire nuovamente in strada. Mentre il velo ironicamente ottiene lo status di «simbolo della libertà». Le donne sono in piazza perché le politiche sociali, cul­turali e economiche dell'Akp mirano a spingere le donne, con o senza il velo, a casa, a fare figli e a obbedire agli uomi­ni.



NOTE

Direttore di Bianet

Nessun commento: